Contratto d’affitto a canone libero o concordato? Le differenze.

Se possiedi una seconda casa da mettere a reddito, trovare un inquilino affidabile e dare in affitto l’immobile è senza dubbio un’ottima idea. Da proprietario puoi decidere se scegliere il tradizionale contratto d’affitto oppure optare per quello a canone concordato, col quale si possono ottenere importanti agevolazioni fiscali.

Ceccarelli Immobiliare ti spiega quali sono le principali differenze tra il contratto d’affitto a canone libero e concordato.

La legge n. 431 del 1998 prevede due tipi di contratto di locazione ad uso abitativo non transitorio:

  • A CANONE LIBERO: un modello ordinario sostanzialmente libero nella determinazione del canone e nelle clausole da inserire nel contratto;
  •  A CANONE CONCORDATO: un modello con contenuto contrattuale stabilito dal medesimo legislatore o dagli accordi delle associazioni di categoria territoriali.

Contratto d’affitto a canone libero.

Il contratto d’affitto a canone libero è attualmente la tipologia contrattuale più usata per le locazioni ad uso abitativo. Viene chiamato così perché le parti risultano libere di decidere autonomamente l’importo del canone che l’inquilino corrisponderà al proprietario.

Nel contratto d’affitto a canone libero spetta dunque alla volontà delle parti fissare il canone, ma la durata minima è stabilita dalla legge. Si tratta di quattro anni iniziali, cui si aggiungono altri quattro anni in virtù di un rinnovo automatico. Per tale ragione si parla spesso di “contratto 4+4”.

In alcuni casi, tuttavia, la regola del rinnovo di diritto alla prima scadenza quadriennale non opera, ad esempio:

  • quando il conduttore si avvale del diritto di recesso, per uno dei motivi eventualmente previsti dal contratto o comunque sempre per cause gravi. Per esercitare il recesso, l’inquilino deve dare al locatore un preavviso di almeno sei mesi. Se il recesso è legittimo il proprietario può chiedere e ottenere il risarcimento del danno commisurato all’importo dei canoni non percepiti.
  • Se il locatore comunica al conduttore la disdetta con almeno sei mesi di anticipo rispetto alla scadenza. Tale facoltà, tuttavia, si concretizza solo al verificarsi di alcuni casi individuati espressamente dall’articolo 3 della legge numero 431/1998 e deve comunque essere motivato in maniera dettagliata. Nel caso in cui non venga poi attuato quanto dichiarato a motivo della disdetta, il locatore può essere condannato a risarcire all’inquilino un danno pari a massimo 36 mensilità del canone di locazione o a ripristinare il contratto.

ATTENZIONE! non tutti gli immobili ad uso abitativo possono essere affittati a canone libero. Sono esclusi gli alloggi dell’edilizia popolare pubblica, gli immobili di pregio appartenenti alle categorie catastali A/1, A/8 e A/9 e le case di villeggiatura adibite a foresteria o per usi transitori.

Contratto d’affitto a canone concordato.

Il modello a canone concordato invece è caratterizzato per legge da una durata non inferiore ai tre anni (con proroga biennale, di diritto, alla prima scadenza). Inoltre la determinazione del valore del canone si basa su quanto stabilito dagli accordi territoriali presi fra le organizzazioni dei proprietari e quelle dei conduttori. Infatti spetta all’accordo territoriale indicare le fasce minime e massime del prezzo d’affitto in base alla posizione dell’abitazione in zone che presentano caratteristiche funzionali omogenee, ad esempio aree dotate di infrastrutture, trasporti, verde pubblico, scuole, servizi commerciali, ecc.

Se il Comune in questione non dovesse aver stipulato un accordo territoriale, in base alle indicazioni del Decreto Ministeriale 14 luglio 2004:

  • se non è mai esistito un accordo si applica quello vigente nel Comune più vicino (anche se situato in un’altra Regione) che abbia più o meno lo stesso numero di residenti;
  • qualora il Comune avesse in precedenza stipulato un accordo, ma non lo abbia rinnovato, si usano le fasce di riferimento del vecchio accordo. I valori della fascia minima e massima saranno incrementati applicando le variazioni ISTAT.

Quindi possiamo dire che nel contratto d’affitto a canone concordato sono inderogabili le clausole relative alla:

  • durata
  • quantificazione del canone

In teoria le parti sono libere di modificare tutte le altre condizioni contrattuali definite negli accordi territoriali delle associazioni di categoria, continuando a beneficiare dei vantaggi fiscali assicurati dal contratto agevolato. Del resto, non esistono limiti all’autonomia privata, per cui le parti sono libere di definire i propri interessi e discostarsi dal contratto tipo. In realtà l’applicazione dei benefici fiscali previsti per i contratti a canone concordato vengono meno se le parti, pur rispettando la durata legale e la determinazione del canone risultante dagli accordi definiti in sede locale, modificano le altre condizioni contrattuali, alterando l’assetto dei reciproci interessi precostituito nel modello. In questo caso, il contratto non sarà riconducibile al modello concordato, ma rientrerà nella disciplina del contratto ordinario. Saranno escluse così le agevolazioni fiscali.

Ultimamente da parte delle istituzioni sta crescendo l’interesse verso il canone concordato. L’ultima Legge di Bilancio prevede una proroga della cedolare secca al 10% e una riduzione di Imu e Tasi, che può portare a raggiungere un risparmio sulle tasse di oltre il 50%.

Per scoprire tutte le novità sul contratto di affitto a canone concordato e scaricare l’accordo territoriale del Comune di Massa leggi questo articolo: Contratti di locazione a canone concordato: le novità 2018.

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