Tasse sulla vendita: quando si paga la plusvalenza?

Chi vende un immobile è tenuto a pagare delle imposte? In quali casi?

È giusto sapere che nella compravendita chi acquista va incontro a delle spese, ma anche il venditore, in certi casi, sostiene dei costi; in particolare deve pagare la tassa sulla plusvalenza.

Se stai leggendo questo articolo, probabilmente sei alle prese con la vendita della tua casa e non vuoi farti trovare impreparato.

Allora vediamo cos'è la plusvalenza, in quali casi viene tassata e quali sono le modalità di pagamento, in modo da chiarire le situazioni possibili. 

Cos'è la plusvalenza immobiliare?

In ambito immobiliare la plusvalenza è un accrescimento del valore di un bene immobile rispetto al valore monetario di acquisizione.

AD ESEMPIO se si acquista una casa pagandola € 150.000 e, in seguito, la stessa abitazione viene rivenduta a un prezzo più alto, mettiamo a € 200.000, si genera una plusvalenza di € 50.000.

In altre parole la plusvalenza potrebbe essere definita come il guadagno che si ricava dalla differenza tra il prezzo di acquisto e quello di rivendita.

Quando si paga la tassa sulla plusvalenza?

A seconda dei casi la plusvalenza può essere tassata.

In generale è dovuto il pagamento da parte del venditore  quando:

  • l'immobile viene venduto ad un prezzo superiore prima che siano trascorsi cinque anni dall'acquisto;

  • l’immobile non è pervenuto al venditore in seguito a una successione;

  • l’immobile non è stato adibito a residenza principale del venditore né di un suo familiare nel periodo compreso tra l’acquisto e la vendita che ha generato la plusvalenza.

Per fare qualche esempio, non sei tenuto a pagare la tassa sulla plusvalenza se vendi una casa che hai ereditato, oppure se vendi un immobile acquistato più di 5 anni fa.

Come pagare la tassa sulla plusvalenza?

Se rientri in uno dei casi che prevedono la tassazione della plusvalenza, il tuo guadagno non sarà netto.

Vediamo a quanto ammonta la cifra che dovrai versare e quali sono le possibilità di pagamento.

Infatti il contribuente può scegliere tra due tipologie di tassazione:

  • la tassazione Irpef, con la quale la plusvalenza deve essere presente all’interno della dichiarazione dei redditi e va a convogliarsi nel reddito totale, sommandosi ad altri redditi. La tassazione varia in base allo scaglione di reddito e all’aliquota di riferimento: si parte da un’aliquota minima del 23%, fino a una massima del 43%;

  • l’imposta sostitutiva del 26% (da versare direttamente all’atto notarile), che comporta anche l’esonero per legge dai controlli fiscali straordinari; optando per l'imposta sostitutiva non bisognerà inserire questa voce nella dichiarazione dei redditi.

Riprendendo l'esempio che abbiamo fatto all'inizio del nostro articolo, in cui la compravendita generava una plusvalenza di € 50.000, se il venditore decidesse di pagare l'imposta sostitutiva, dovrebbe versare al notaio il 26% di € 50.000 cioè € 13.000 al momento del rogito.

Viceversa avvalendosi della tassazione IRPEF la spesa cambierà In base allo scaglione di reddito. Qualora il venditore rientrasse nel primo scaglione con l'aliquota minima del 23%, l'importo sarebbe di € 11.500.

Questo rende generalmente più conveniente scegliere:

  • la tassazione IRPEF per chi ha un reddito più basso;
  • l'imposta sostitutiva per chi supera il primo scaglione di reddito, dato che già il secondo prevede un'aliquota del 27%.

Tuttavia ogni situazione è a sé e i fattori da valutare sono molti. Per questo è sempre opportuno rivolgersi a un professionista in grado di seguire la vendita, in modo da realizzare il tuo progetto nel modo più sicuro e conveniente possibile.

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